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Viaggio trasversale in una terra misconosciuta

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Antichi sapori

Tra miti greci e culti cristiani, in Calabria si gusta la Cuccìa

Visitare la Calabria non significa solo emozionarsi per i paesaggi mozzafiato, per i luoghi silenziosi e quasi mistici dal passato millenario. Non significa solo rimanere stupiti per l’ospitalità genuina dei suoi abitanti, ma anche rimanere colpiti dai profumi e dai sapori intensi di una terra che non smette mai di stupire. Le antiche tradizioni calabre, infatti, sono costituite per gran parte dalla preparazione di cibi che affondano le loro radici in un antico passato e sono figli dei popoli che da questa terra passarono e vi posero il proprio dominio.

Una delle pietanze tipiche calabresi è la Cuccìa (dal greco koukkìa), la cui preparazione, secondo gli studiosi, ebbe origine in Grecia, dove assunse i connotati di un cibo rituale per la commemorazione dei defunti. Da qui la Cuccìa si diffuse nei paesi dell’Europa orientale e nelle regioni dell’Italia meridionale, dove venne associata alla ritualità della celebrazione di alcuni santi.

Le antiche origini di questa pietanza hanno fatto si che la sua ricetta originaria si perdesse lungo il trascorrere del tempo, per cui oggi ne esistono diverse varianti che spaziano dal salato al dolce (soprattutto in Sicilia e Campania).

A Mendicino, grazioso borgo medievale a pochi chilometri da Cosenza, la preparazione e la consumazione della Cuccìa sono parte integrante delle celebrazioni in onore di Santa Lucia, a cui la comunità è molto devota.

La Cuccìa mendicinese è composta da 13 ingredienti (riallacciandosi al giorno in cui si commemora la Santa, il 13 dicembre) tra cui ceci, fave, piselli, lenticchie, fagioli, orzo, grano, castagne, olio d’oliva, sale e si prepara in un calderone che, nel dialetto locale, prende il nome di quadrara. La tradizione degli antichi rituali di condivisione vuole che la pietanza sia consumata in piazza, nel pomeriggio del 13 dicembre, accompagnandola con del pane caldo e un bicchiere di vino.

Ed ecco che nella giornata del solstizio d’inverno, che vede mescolarsi la commemorazione cristiana della Santa protettrice della vista con il mito pagano della vittoria della luce sulle tenebre e quindi Demetra che ritrova la figlia Porserpina, la Cuccìa diviene l’elemento gastronomico simbolo dell’assimilazione cristiana del mito greco.

Sempre nel cosentino, a Paola, cittadina che diede i natali a San Francesco da Paola, patrono della Calabria, la Cuccìa è un dolce. La pietanza infatti assume le fattezze di una deliziosa cioccolata calda arricchita dall’aggiunta di noci, scorza d’arancia, grano e chiodi di garofano. La sera del 12 dicembre, secondo la tradizione, ogni famiglia prepara la Cuccìa, affinchè durante la notte, Santa Lucia possa imprimere il suo segno su di essa. Il giorno successivo il dolce viene scambiato tra amici e parenti.

 

Sempre nel cosentino, nei comuni della fascia presilana, la Cuccìa è di nuovo una zuppa salata e si prepara con grano bollito e carne di capra e/o maiale e delle spezie. La tradizione di questi luoghi vuole che il piatto venga preparato in tre giorni circa, passando per varie fasi: la pulizia del grano, la sua macerazione e poi la bollitura e cottura nel forno a legna. Qui il calderone usato per la cottura è detto Tinìellu.

Alcune ipotesi fanno risalire le origini della Cuccìa nei casali presilani, all’occupazione di Cosenza da parte dei saraceni. A questo proposito è curioso sottolineare che l’aggiunta di carne di maiale (animale considerato impuro dai musulmani) sembra significare la volontà di appropriarsi di una pietanza per negarla a chi professa la religione musulmana.

Ricetta

Ecco la ricetta per preparare una delle varianti della Cuccìa calabrese, quella con carne di maiale o di capra.

 

Ingredienti per 4 persone:

 

750 grammi di carne di maiale o di capra;

400 grammi di grano.

 

Preparazione:

Mettere il grano in ammollo per almeno 48 ore in acqua non salata, poi farlo cuocere a fuoco lento. Mentre il grano è in cottura, provvedere a far bollire la carne in acqua leggermente salata.

Una volta che il grano sarà cotto, aggiungere il brodo ottenuto dalla bollitura della carne e far cuocere ancora per un’ora circa.

Quando il grano avrà assorbito il brodo, occorrerà riporlo nel “Tinìellu” (calderone di coccio tradizionalmente usato per la preparazione della Cuccìa) e creare vari strati, alternando tra il grano e la carne (l’ultimo strato dovrà essere di grano). Appena terminato questo passaggio, riporre il Tinìellu nel forno a legna e cuocere per qualche ora alla stessa temperatura che si predispone per la cottura del pane.

La Cuccìa va servita preferibilmente calda o tiepida.

(Immagine tratta dal web)

Angela Rubino

“I ricchi, quando non ebbero più nulla da fottere al povero, gli fregarono la cucina”: la storia del Morzello Catanzarese [English version below]

La storia di un popolo è la base della sua stessa esistenza e se l’archeologia, l’arte e le fonti letterarie sono gli strumenti primari che ci permettono di risalire alla conoscenza del nostro passato, anche i proverbi, le espressioni dialettali, le tradizioni e la gastronomia sanno raccontarci a modo loro chi eravamo e come vivevamo in epoche ormai lontane.

Proprio la gastronomia è l’ambito su cui voglio soffermarmi, tirando in ballo un piatto prelibato quanto modesto, ovvero il Morzello catanzarese, una pietanza che si realizza usando trippa e frattaglie bovine, concentrato di pomodoro, peperoncino piccante, sale, alloro e origano e si consuma assieme alla Pitta, tipico pane Catanzarese a forma di ciambella schiacciata e con poca mollica.
Nonostante le sue umili origini, questo ghiotto intingolo ha conquistato il palato di un popolo intero, inclusa la nobiltà, fino a divenire uno dei piatti più rappresentativi della cucina catanzarese, ricevendo anche l’assegnazione del marchio De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine). Non contento di questo successo, che dura oramai da chissà quanti secoli, il Morzello si è reso anche protagonista del noto programma televisivo dei nostri giorni “Unti e bisunti”, in onda sul canale DMAX.

Ma qual è la storia del Morzello? Quali le sue origini?

Secondo alcune ipotesi, esso risalirebbe al periodo della dominazione saracena (IX-X secolo), che non si limitò soltanto a scorrerie e brevi periodi di occupazione, ma si estese alla creazione di un vero e proprio emirato arabo nel capoluogo calabro che iniziò nel 906 e durò per circa trent’anni, come dimostra anche il ritrovamento di alcune monete e alcuni gioielli con iscrizioni orientali rinvenuti in una necropoli, in occasione dei lavori per la costruzione di palazzo De Nobili (attuale sede del Comune di Catanzaro).

A sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che nella cucina dei paesi arabi e mediorientali, esiste una pietanza simile al Morzello. Si tratta di una specie di focaccia, schiacciata e dalla preparazione simile per impasto, alla Pitta che, ricoperta da gustose pietanze speziate e molto condite, costituisce quasi un piatto quotidiano. Inoltre bisogna sottolineare che le frattaglie usate per preparare il Morzello devono essere bovine, con esclusione della carne suina.

Il Morzello nasce come piatto povero, costituito da quelle frattaglie disdegnate dai ricchi. Tuttavia l’estro gastronomico catanzarese decretò il suo successo indiscusso, tanto che, dapprima di nascosto e in seguito “dalla porta principale” il gustoso piatto si fece strada sulle tavole dei ricchi, trovando posto anche nella loro dieta. Oggi si registra addirittura un’inversione di tendenza, che vede un ritorno ai cibi tradizionali, un tempo considerati poco raffinati e adatti alla classe contadina. E, citando Achille Curcio “fu così che i ricchi, quando non ebbero più nulla da fottere al povero, gli fregarono la cucina e la chiamarono dieta mediterranea”.

Come dargli torto. Infondo anche in occasione della ribalta televisiva a Catanzaro, il popolo è stato ridotto alla stregua di spettatore e sotto i riflettori ci sono finiti quasi solo gli “eletti”.

La ricetta del Morzello

 

Ingredienti per la preparazione di 1kg di Morzello (4/6 persone)

200 gr di trippa di vitello (rumine, abomaso e reticolo) – 400gr. di omaso (il cosiddetto “centupezzi”);
200 gr di carne mista di vitello tra polmone, milza e cuore (facoltativo);
200gr di pancia;
grasso animale (quello che si ottiene dalla bollitura e che fungerà da condimento);
100 gr. di concentrato di pomodoro;
essenze: alloro, origano, peperoncini piccanti calabresi;
sale q.b.

Preparazione e tempi di cottura:

La trippa, che dev’essere pulita con molta attenzione con acqua tiepida, dovrà essere unita al “centupezzi”, alla pancia e alle altre interiora (cuore, polmone e milza) qualora si decida di utilizzarle, far bollire il tutto per 15 minuti, togliere gli ingredienti dall’acqua e tagliarli in piccoli pezzi. Estrarre dall’acqua anche il grasso animale ottenuto dalla bollitura.

Porre tutti gli ingredienti ed il grasso animale in una pentola abbastanza grande da fare in modo che essi occupino circa un quarto della sua altezza, quindi, aggiungere contemporaneamente  del vino rosso  e soffriggere il tutto con molta cura. Poi aggiungere il concentrato di pomodoro e dell’acqua, fino a raggiungere quasi il bordo della pentola. Per finire, aggiungere una ricca quantità di peperoncini piccanti calabresi, alcune foglie di alloro e un mazzetto di origano.

Avviare la cottura a fuoco molto lento, senza coprire interamente la pentola, per almeno 2  ore, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e aggiungendo dell’acqua qualora fosse necessario.

Il morzello sarà pronto quando il condimento riaffiorerà in superficie.
Servire ben caldo nella pitta (caratteristico e tradizionale pane catanzarese a forma di ciambella) o direttamente nel piatto, con la pitta a parte.

 

 “When riches didn’t have anything else to steal to poor, they stole their cooking”: the Morzello of Catanzaro story

A people history is the base of its existence and, if archaeology, art and literary sources are the tools which lead us to the knowledge of our past, also dialect, proverbs, traditions and gastronomy can tell us, in their own way, who we were and how we lived in times gone by.

That’s gastronomy the field I want to focus on, by involving a delicious but modest dish: the Morzello of Catanzaro. It’s a meal cooked with bovine tripe and offal, tomato concentrate, hot peppers, salt, oil, laurel and oregano to eat with Pitta, a typical kind of bread in the shape of a flattened doughnut and with little crumb.

Although his humble origins, this enjoys food conquered a whole people’s palate, becoming one of the most representatives dishes of Catanzaro gastronomy and receiving also the certification De.C.O. (Municipal denomination of origin). Being not happy about this success, which has gone on for a long time, Morzello has had a leading role in the TV program “Unti e bisunti” (Filthy and Greasy), broadcast on DMAX.

But what is the story of Morzello? What are its origins?

It has been suggested that it dates back to the period of the Saracen domination (IX-X century), that wasn’t limited to just little raids and periods of occupation, but broadened to the creation of a veritable Arab emirate in the capital of Calabria, which started in 906 and lasted about thirty years, how also shows the discovery of coins and jewels with Arab inscriptions on the occasion of the works for the construction of the Catanzaro Municipal Building.

To support this theory there’s the existence, in the Middle East, of a meal similar to Morzello. It’s a kind of flattered bread prepared like Pitta and covered by a tasteful, spicy food that is almost an ordinary meal. Furthermore we need to underline that offal used to prepare Morzello must be bovine, not pork.

Morzello origins are poor and it was made of that offal disdained by riches. But the Catanzaro people’s inspiration in cooking made it succeed and it arrived on the aristocrats tables and was included in their diet. Today we even have a trend reversal that is a return to traditional foods that was considered unrefined and suitable for the peasant class. And so – quoting Achille Curcio – “when riches didn’t have anything else to steal to poor, they stole their cooking and called it Mediterranean diet”.

How can we blame him? After all, during the television limelight in Catanzaro, people were treated like spectators and under the spotlight there were only the “favorites”.

Morzello  recipe

 

Ingredients for 1 kg of morzello (for 4/6 people)

200 gr of calf’s tripe (rumen, fourth stomachs and graticule) – 400 gr of  third stomachs ( the so called “centupezzi”).

200 gr of mixed calf’s meat: lung, spleen and heart (optional).

200 gr of stomach.

animal fat (to obtain from boiling) that will be the dish dressing

100 gr of tomato concentrate.

Flavourings: laurel, oregano, hot Calabrian peppers.

Salt to taste

 

Directions:

After have cleaned very carefully tripe with warm water, join it to “centupezzi”, stomach and other calf’s bladders (heart, lung and spleen) if you have decided to use it; boil it for 15 minutes, pull out ingredients from water and chop them in little pieces. Pull out from water even animal fat obtained from boiling.  Put ingredients and animal fat in a pot big enough to occupy ¼ of its height, then join some red wine and stir-fry it very carefully. After that join tomato concentrate and water until you fill the pot. And finally, join hot Calabrian peppers, some  laurel and oregano.

Cook  on a low heat, without covering, for at least 2 hours, mixing from time to time with a wood spoon and joining some water if necessary.

Morzello will be ready when dressing will get to the surface.

Serve it hot in pitta (characteristic Catanzaro bread with a doughnut  shape) or directly in the dish, with pitta aside.

Angela Rubino 

 

 

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