In questo articolo vi proporrò un viaggio nei meandri di una Calabria inesplorata, sebbene culla di una civiltà millenaria e terra straordinariamente ricca di testimonianze di quest’antico passato e ricca di valori profondi che diedero lustro alla nostra civiltà. Tutto questo mediante il racconto del volume “Orme dimenticate” (Laruffa Editore, 2016) di Silvana Franco, un’opera particolare, nella quale l’autrice racconta la sua grande passione per la terra di Calabria e per le escursioni ovvero vere e proprie avventure alla ricerca delle orme di quei popoli che caplestarono il suolo di Calabria millenni fa.

Silvana Franco è una persona straordinariamente semplice, animata da un amore profondo per le sue origini. Nata in Canada e trasferitasi in Calabria all’età di tredici anni, ha sempre portato nel cuore il grande fascino delle suggestive atmosfere dei borghi di Calabria: profumi, paesaggi, sapori che Silvana ha sempre ricercato nel suo percorso di vita. Ricerca alimentata anche dallo studio di materie come archeologia e antropologia culturale, che danno fondamento scientifico al valore del nostro patrimonio. “Orme dimenticate” dunque assume la dimensione di una sorta di diario, ricco di informazioni dettagliate dei molteplici siti visitati dall’autrice durante le sue escursioni. Un’opera che funge da guida preziosa per chiunque decida di incamminarsi lungo il sentiero della conoscenza di un territorio che merita finalmente di essere riscoperto.

Nelle zone più impervie a ridosso di molte cittadine calabre si trovano antiche grange, monasteri, vestigia di popoli la cui dominazione segnò per sempre il cammino della nostra civiltà. Grotte rupestri, antichi simboli che raccontano di un passato intriso di misticismo e spiritualità. Poi ancora antichi frantoi, mulini, aratri, torchi e palmenti a testimoniare l’identità profonda di una terra generosa, che sa donare e lo fa da millenni.

Durante i suoi avventurosi viaggi, Silvana ha anche appreso alcuni tratti di una cultura profondamente legata al rispetto dei padri e impregnata dei valori tramandati dal cristianesimo. Tratti che si evidenziano anche nella creazione di opere simboliche, come le curiose statuette di Satriano, poste sui tetti delle case e dei palazzi nobiliari, innalzate al cielo come a significare la loro sacralità e l’importanza dei valori a cui s’ispirano. Sono le “Statue col braccio di pietra”, dette “Ecce Homo” (Ecco l’uomo) oppure in dialetto “ecciomu”.

Questo curioso manufatto alto 70 cm e raffigurante un fanciullo con un braccio pietrificato, campeggia anche su alcuni monumenti come la Fontana Gattì. Il borgo a cui fare riferimento è Satriano, in provincia di Catanzaro.

Satriano è un insediamento i cui natali risalgono ai tempi della Magna Grecia, quando i Greci colonizzarono l’Italia Meridionale a partire dall’VIII secolo a.C. e fin da allora la sua vocazione è sempre stata legata al mare, con lo sviluppo di attività commerciali e all’agricoltura.  Stando a quanto rivela un documento del VI secolo d.C., ritrovato nell’Archivio Vaticano, il nome “Satriano” potrebbe risalire all’epoca bizantina.

La sua vita di feudo di rilevante importanza è ancora oggi testimoniata dall’esistenza di palazzi nobiliari, di eleganti portali, maschere apotropaiche e balconi barocchi floreali. Mentre i mulini e i frantoi sono segni evidenti della millenaria predisposizione all’agricoltura.

La leggenda della statua col braccio di pietra (raccontata a Silvana dall’architetto Francesco Suraci) risale all’Ottocento e narra che un tempo, un giovane si ribellò a suo padre arrivando addirittura ad alzare le mani contro di lui. In quello stesso istante, un angelo scese dal cielo e pietrificò il suo braccio per punire il grave gesto che egli aveva compiuto contro suo padre.

Da allora iniziò l’usanza di inserire negli edifici una piccola statua raffigurante un giovane con un braccio pietrificato. La statua venne chiamata “Ecce Homo” perché colpire il padre è come flagellare ancora il Signore.

Una leggenda che testimonia il fascino della nostra civiltà millenaria, di una cultura impregnata di valori semplici e profondi in cui si evidenziano gli influssi della religione cristiana. Un sistema di credenze, leggende e tradizioni in cui la religione diventa parte integrante della vita quotidiana e regola gesti ed usanze che divengono parte di un comune patrimonio.

La Calabria è anche questo e bisogna tutelare questo immenso patrimonio materiale ed immateriale.

Uno degli obbiettivi della divulgazione del volume “Orme Dimenticate” è anche e soprattutto quello di puntare i riflettori non solo sulla grande rilevanza dei siti descritti, ma anche sullo stato di degrado e di abbandono in cui versano. (Foto di Marisa Franco)

Angela Rubino

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