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Viaggio trasversale in una terra misconosciuta

Mese

luglio 2015

Come nasce la seta? Ecco l’affascinante processo della trattura [English version below]

Questo video vi mostra come nasce la seta, ovvero come il preziosissimo filo viene estratto dal bozzolo mediante il processo di trattura.

La trattura della seta avviene dopo che il baco si è rinchiuso nel bozzolo per compiere la sua trasformazione in crisalide. A quel punto il suo processo di vita viene interrotto e dal bozzolo creato dal baco viene estratta la seta.

Per eseguire la trattura, i bozzoli vengono immersi nell’acqua calda e poi con un apposito strumento, si iniziano ad estrarre i fili di seta, che poi verranno torti, sgommati e avvolti in matasse.

Anche la seta greggia, non sgommata può essere utilizzata per confezionare dei tessuti.

La ragazza ritratta nel video è Miriam Pugliese della Cooperativa “Nido di Seta”, che a San Floro nell’hinterland catanzarese ha ripreso la filiera della gelsibachicoltura e sta anche sperimentando la nuova metodologia di estrazione della seta: la “seta non violenta”, che si attua permettendo al baco di completare la sua metamorfosi in farfalla.

 

      How does silk come out? That’s the fascinating process of reeling

This video shows you how silk is released through the process called reeling.

The reeling of silk takes place when the silk worm closes itself in its cocoon to achieve its transformation in chrysalis. At that point, his life is interrupted and the silk is released by the cocoon.

To make the reeling, cocoons are immerged in warm water and then, by an appropriate tool, the silk wires are drawn. Then they will be twisted, scoured and winded in skeins.

Even raw not scoured silk can be used to make tissues.

The girl in the video is Miriam Pugliese, one of the three young members of the “Nido di Seta” Cooperative that makes the cultivation of the mulberry trees and the farming of silk worm in San Foro town in Catanzaro district. “Nido di Seta” is experimenting a new method of silk releasing: the organic peace-silk, which takes place allowing the silk worm to transform it self in chrysalis.

Angela Rubino

“Progetto Fotografico sui Centri Storici di Calabria”, la poesia della quotidianità attraverso l’obbiettivo di Luigi Curti

Antichi centri urbani, vecchie rovine che, mute nel loro immobilismo raccontano di tempi lontani; giochi di prospettive e riflessi; colori vivi; panorami suggestivi. Tutto questo ed altro ancora è il “Progetto Fotografico sui Centri Storici di Calabria”, un reportage fotografico che mostra, agli occhi del fruitore, una Calabria nuova esplorata fin nei meandri più nascosti, dal poliedrico obbiettivo di Luigi Curti.

Il progetto del fotografo di Luzzi, nato nel 2014 con l’intento di mettere in luce le suggestive bellezze dei luoghi di Calabria, ha ricevuto l’ Attestato di “Meriti Fotografici Organizzativi”, durante il 26° Congresso Nazionale UIF (Unione Italiana Fotoamatori), svolto il 23 maggio scorso a Maiori in provincia di Salerno e, a partire ad primo di agosto si trasformerà in una mostra itinerante che vedrà gli scatti di Luigi Curti in esposizione nei castelli di Calabria.

La prima tappa del “Progetto Fotografico sui Centri Storici calabresi nei Castelli di Calabria”, coordinato da Pasquale Demasi, sarà quella del suggestivo Castello Aragonese di Isola di Capo Rizzuto, dove le foto di Curti, che racchiudono immagini relative a circa 40 borghi calabresi, rimarranno esposte dall’1 al 23 agosto.

La mostra sarà l’occasione di riscoprire il fascino dei luoghi legati ad una quotidianità fatta di emozioni autentiche e semplici, lontane dal fragore della frenetica vita moderna. Arte, emozione, vita, colore; sono alcune delle parole chiave di un reportage  unico, che magicamente trasforma in poesia i tratti di un vivere ordinario la cui bellezza può passare inosservata agli occhi di chi non dà a questa terra il giusto valore; ma che l’artista ha saputo cogliere e valorizzare, emozionando il fruitore, che attraverso le immagini può percepire l’anima più profonda della Calabria, con i suoi profumi, i suoi sapori, i gesti autentici dei suoi abitanti, la pace incantata dei suoi scenari.

Insomma una Calabria da riscoprire attraverso l’obbiettivo di un artista dalla grande sensibilità.

Angela Rubino  

Catanzaro, lezioni di democrazia nel lontano 1400

Catanzaro, la città capoluogo della regione calabrese è una città che non emerge particolarmente né nel contesto locale, né in quello nazionale, nel senso che non riesce a sfruttare in maniera adeguata i suoi punti di forza. Diverse sono le ragioni che la pongono in ombra rispetto ad altre realtà e che offuscano i tratti della sua identità più profonda, che potrebbero essere valorizzati e sostenuti al punto da costituire un’attrattiva della città. Ma, in questa sede, non vogliamo approfondire queste ragioni, bensì sottolineare una caratteristica storica che farebbe della città dei Tre Colli uno dei più antichi nuclei a gestione democratica.

Una caratteristica importantissima di Catanzaro, infatti, fu la scelta di regolamenti ispirati a una certa partecipazione delle classi intermedie all’amministrazione della Cosa Pubbilca. Un processo che pervenne a maturazione nell’estremo ‘400, nel momento in cui ebbero successo i tentativi della dinastia aragonese di rafforzare la gestione autonoma della città mediante l’istituzione di statuti legislativi che prevedevano una gerarchia e la formalizzazione della volontà delle classi intermedie.

Per Catanzaro, divisa in tre classi (nobili, borghesi della possidenza o della produzione e popolo, addetto prevalentemente all’arte della seta), si è parlato di gestione democratica, data la partecipazione paritetica del popolo alla formazione della volontà comune. In effetti, si trattava di una partecipazione popolare quale poteva essere consentita dai tempi, con una effettiva prevalenza dei benestanti e degli ottimati.

Ad ogni modo, la popolazione era caratterizzata da una pacifica convivenza di classi e ceti, all’interno di un’economia che non angustiava le fasce dei lavoratori, grazie alla loro autosufficienza nel quadro di un contesto produttivo con poche crisi e pressoché inesistente concorrenza di lavoratori immigrati.

Questo spiega come le sommosse sociali dell’età moderna (come i moti di Masaniello) non ebbero echi significativi a Catanzaro. Questo clima, unito alle angustie del territorio, impedì la monumentalità delle infrastrutture viarie, delle piazze e degli stessi edifici. Esso, tuttavia, unito alla forza e alla coerenza della produzione industriale, consentì a Catanzaro di evolversi come città capoluogo del regno con un’identità tutta propria legata ai fasti antichi dei suoi prodotti.

Dunque, la situazione era molto diversa da quella attuale, non solo in termini di benessere economico, ma anche per quanto riguarda il rispetto della volontà del popolo, un fattore che oggi, nonostante ci si fregi di aver raggiunto un certo grado di civiltà, sembra assumere sempre più i tratti di una pura illusione.

Angela Rubino

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